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| DALLA SPECOLA “Ci è stato raccomandato, nell’illustrare le foto, di non lasciarci  trasportare da nostalgie inopportune, da eccessivi rimpianti, per dirla con una  parola, dall’amor di campanile. Soffermandoci su questo panorama meridionale  temiamo di non farcela. La città, a stretto gomito con le campagne, terminava a  Saracinesca. Al di là non si vedono costruzioni di sorta, si scorgono solo i  campanili dei paesi limitrofi non ancora agglomerati nella disordinata Padova  cresciuta a dismisura oltre il territorio comunale.  Lontano, i vasti orizzonti, il profilo dei colli. Il tronco maestro del  Bacchiglione scorre all’ombra dei giardini Piazza, della torre del Diavolo, dei  resti dell’Accademia Delia. Lungo riviera Paleocapa pochi carri trainati da  cavalli trasportano ghiaia e sabbia caricata dai barconi di via Goito; i  fanciulli col panierino di vimini si affrettano alla scuola di Madame Clair; la  caserma di Sant’Agostino ospita gli squadroni di cavalleria; in ogni casa gli  armoniosi archi a tutto sesto. Come non ricordare il sonetto di Curio Mortari  dedicato alla Padova dove aveva trascorso la giovinezza? “Era il paese di Buona  Fortuna / quello, ove dolce fu la primavera, / ove, tra fiori e fontane, ogni  sera / un buon demonio accendea la luna. / I vecchi frequentavan la costiera /  i bimbi il verde, e nella chiesa bruna / entravan le zitelle ad una ad una, /  ma gli amanti prendevan la riviera…”.” 
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